Malattie causate dall'inquinamento: alcune statistiche

I fattori ambientali che possono provocare malattie anche gravi sono tanti. Ne cito solo alcuni: l’inquinamento atmosferico, le radiazioni ultraviolette, i cambiamenti climatici e degli ecosistemi, i rumori, l’edilizia, l’agricoltura e i comportamenti delle persone. Ma è risaputo che l'inquinamento atmosferico, acustico e delle falde provoca i danni maggiori all'uomo. In generale, laddove l'attività antropica è più presente, si rilevano le maggiori concentrazioni di malattie dovute all'inquinamento.

La percezione della mortalità

Non sorprende che le ansie e le preoccupazioni che ci accompagnano ogni giorno siano rivolte costantemente a eventi statisticamente piuttosto rari e meno frequenti di eventi e malattie più comuni che dovrebbero apparirci più preoccupanti. Un incidente o un ancora più improbabile attacco terroristico è percepito, a causa anche della martellante diffusione dei media, più tangibile di ciò che può diventare realmente pericoloso. Sottovalutando così un elemento continuamente presente e fondamentale: l'ambiente che ci circonda.

Causa diretta o indiretta di innumerevoli malattie è infatti l'inquinamento e il rapporto che l'essere umano ha con il proprio ecosistema. La poca attenzione che l'impatto dell'uomo esercita sull'ambiente ha costituito, nelle aree maggiormente popolate, un silenzioso pericolo. Fattori ambientali come i cambiamenti climatici e i raggi ultravioletti, l'agricoltura e l'alimentazione, l'ecosistema e il suo irreparabile danneggiamento, le città e le interazioni tra le persone sono solo alcuni di un lunghissimo elenco da citare.

Analizzarli tutti sarebbe impossibile. Io mi concentrerò su quelli di maggiore incidenza e che condizionano un grande numero di persone. Sto parlando dell'inquinamento atmosferico, l'inquinamento acustico e l'inquinamento delle falde acquifere.

L'Italia delle polveri sottili

Il ruolo fondamentale che l'atmosfera e tutto ciò che respiriamo hanno per noi rende l'inquinamento atmosferico uno dei fattori più discussi e paradossalmente altrettanto ignorato. Con dati alla mano è evidente come sostanze per noi nocive, quali le micro polveri sottili (PM 10 e PM 2.5), il biossido di Azoto (NO2) e le concentrazioni di ozono (O3) ci stiano intossicando lentamente ma inesorabilmente.

A essere preoccupante è che i dati forniti dall'Agenzia Europea dell'Ambiente (Aea) mostrano una maggiore incidenza e un maggiore numero di morti nel territorio italiano rispetto al resto dell'Europa con un continuo superamento delle soglie raccomandate dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti, sebbene più permissivi, fissati dall'UE. Nel 2012 sono stati stimati 84.400 decessi distribuiti tra il PM 2.5 (59.500), il NO2 (21.600) e l'O3 (3.300). Dati anche ben peggiori di quelli forniti dal Centro Controllo Malattia attraverso il progetto VVIAS che stimano 59.646 decessi nel 2005 e 35375 del 2010, miglioramento imputato anche a una crisi economica inarrestabile.

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Tra le città più colpite l'area padana è maggiormente sensibile. Brescia, Monza, Milano e Torino superano la concentrazione stabilita dall'UE di 25 microgrammi per metro cubo di polveri sottili nell'aria, limite invece appena raggiunto da Venezia. Mentre città come Roma, Firenze, Napoli, Bologna e Cagliari superano la concentrazione di 10 microgrammi per metro cubo che è il limite consigliato dall'OMS.

Un'altra classifica riguarda le città più inquinate da PM10 nel 2014 la quale segnala Frosinone al primo posto con 110 giorni di superamento delle soglie limite seguita da Alessandria con 86 giorni e Benevento, Vicenza e Torino con 77. Da nord a sud nessuno viene risparmiato: città quali Lodi, Cremona, Avellino, Milano, Venezia, Asti, Palermo, Napoli e Cagliari figurano in posizioni rilevanti nella classifica.

Un occhio rivolto al domani

Sebbene sia importante fare attenzione a statistiche e dati, considerando un contesto più ampio e analizzando tutto ciò con cautela, allo stesso modo è importante rivolgere uno sguardo al prossimo futuro, le cui previsioni non sono rosee. Già adesso l'inquinamento atmosferico ha un impatto nelle aspettative di vita media con un accorciamento di 10 mesi vita, che nel Nord Italia aumenta a 14 mesi e si riduce a 6,6 al Centro e a 5,7 al Sud. Infatti ben il 7% dei decessi, esclusi gli incidenti, è causata dal PM 2.5. Questo se si prende in considerazione gli studi del CCM VVIAS relativi al 2010 e che prevedevano per il 2020 28.595 decessi causati dalle micro polveri sottili e 10.117 dal biossido di azoto.

Sebbene il recente studio dell'Agenzia Europea dell'Ambiente sembra descrivere una situazione anche peggiore, l'ISPRA (l'Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale) afferma al contrario un costante trend decrescente delle emissioni di polveri e inquinanti che non può lasciare indifferenti. Rimane però lecito chiedersi cosa sia possibile fare per ridurre ulteriormente l'inquinamento atmosferico.

È nuovamente il progetto VVIAS a ipotizzare un considerevole miglioramento attraverso il raggiungimento dei limiti imposti dallo Stato e dall'Europa e una diminuzione del 20% della concentrazione degli inquinanti. Ma tanto deve essere compiuto sia dallo Stato che dai cittadini stessi in un percorso atto a una mobilità ecosostenibile e la riduzione di combustione di biomasse e dell'uso del diesel responsabile a oggi del 91% delle emissioni di NO2 e di una buona parte di pulviscolo atmosferico.

Una prevenzione sistematica ed efficiente può così diventare un ottimo strumento per combattere le malattie cardiovascolari, respiratorie e i tumori. Sottolineano poi che l'inquinamento atmosferico non è un fattore di rischio esclusivamente per quanto riguarda gli anziani ma colpisce anche i bambini al di sotto di cinque anni, suscettibili alle infezioni alle basse vie respiratorie.

macchine in coda e gas di scarico

Il pericolo dei suoni molesti

Ancora più sottovaluto è il pericolo dell'inquinamento acustico. Eppure diversi studi sembrano ormai unanimi a correlare un aumento del rischio di infarti e ictus a città e zone particolarmente rumorose.

Una ricerca della London School of Hygiene & Tropical Medicine, realizzata raccogliendo informazioni sui residenti della capitale britannica tra il 2003 e il 2010, mostra come superare la soglia dei 60 decibel comporti un'incidenza del 4% di perire e la probabilità del 5% tra gli adulti di essere ricoverati in seguito a un ictus, probabilità che sale fino al 9% se si prendono in considerazione gli anziani.

Un altro studio, questa volta realizzato dalla Technical University Dresden in Germania su pazienti deceduti tra il 2014 e il 2015, mostra similmente un'incidenza significativa tra inquinamento acustico e infarti. La soglia presa in considerazione di 65 decibel dimostra l'accuratezza di questo valore.

Ma com'è la situazione in Italia? Se generalmente si considera un miglioramento graduale dell'inquinamento atmosferico, non si può dire lo stesso di quello acustico. L'ISPRA non ha problemi ad affermare che gran parte della popolazione italiana è esposta a livelli di rumore considerati inaccettabili da parte dell'OMS.

Nell'ultimo annuario ISPRA aggiornato al 2014-15 il 46,3% delle sorgenti di rumore che sono state controllate hanno superato i limiti consentiti. Un incremento rispetto al 42,6% del 2012 e il 43,9% del 2013. Il 57,5% di questi controlli sono relativi ad attività di servizio e/o commerciali e per il 28,8% ad attività produttive. A far fronte a ciò una parte dei comuni ha attuato un piano di classificazione acustica (conosciuto anche come zonizzazione) dove vengono stabiliti i limiti e i valori dell'emissione sonora e di altri argomenti analoghi.

Tuttavia solo metà dei comuni hanno adottato la zonizzazione con gravi carenze in particolare al sud e nelle isole. Tra le città più rumorosamente inquinate in Italia, secondo uno studio recente condotto da GFK Eurisko, vi sono rispettivamente Napoli, Roma, Milano e Torino.

Acque inquinate

Vale la pena analizzare anche i dati che riguardano le falde acquifere pubblicati dall'ISPRA nel Rapporto Nazionale Pesticidi nelle Acque relativo ai dati raccolti nel 2013-14. L'ISPRA stessa si mostra preoccupata per l'aumento di sostanze inquinanti sia nelle acque superficiali che in quelle sotterranee. Non è un mistero che ciò possa rappresentare un pericolo per la salute.

Se è vero che l'acqua proveniente da queste falde viene depurata per l'uso domestico, è anche vero che la depurazione dovrebbe rimanere una misura di emergenza. Allo stesso modo è chiaro l'impatto che queste sostanze hanno nei terreni attigui, così come l'impatto che ciò ha nell'intero ecosistema.

A complicare il tutto subentra la non omogeneità dei controlli che si esemplifica nella mancanza di dati in due regioni, la Calabria e il Molise. I dati forniti sono comunque abbastanza per mostrare la presenza di sostanze inquinanti in un'ampia percentuale, nel 63,9% dei 1284 punti di campionamento in superficie e nel 31,7% dei 2463 punti di campionamento delle falde sotterranee.

Mentre sono state individuate ben 224 diverse sostanze inquinanti. La zona maggiormente inquinata appare essere la pianura padano-veneta. Anche se questo va comunque riconsiderato a causa della copertura limitata o assente di informazioni, in buona parte del centrosud. La Sicilia, tuttavia e nonostante l'inadeguatezza dei monitoraggi, si rivela essere la prima regione a livello di inquinamento delle acque sotterranee. Una dimostrazione della serietà del problema che non è limitata al solo nord.

Un caso recente che ci può fare riflettere sulla pericolosità di questa realtà è avvenuto nel Veneto dove lo scorso aprile 250mila persone (60mila se si considera solamente le zone ad alta esposizione) hanno scoperto di essere state poste a rischio avvelenamento da una sostanza altamente nociva chiamata Pfas. Una sostanza che trovandosi nell'acqua trasportata dai rubinetti era alla portata di tutti.

Siamo parte integrante della natura

Ti ho parlato di tre delle maggiori tipologie di inquinamento, e dell’impatto che può avere nella nostra vita. Tuttavia, gli aspetti dell'ecosistema da tenere in conto sono molteplici e ognuno di essi richiede un'attenzione specifica. Abbiamo un peso non da poco nell'ecosistema, sia nel suo insieme che nelle sue singole parti. Questo ha una correlazione indiretta e talvolta diretta con la nostra salute. Ecco perché è bene tenere a mente che l'ingranaggio della natura non è estraneo a noi, ma noi stessi siamo parte della natura. Allo stesso modo prendercene cura ha come effetto quello di prenderci cura di noi stessi.

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