Quando il divorzio diventa una questione patrimoniale. Come tutelare i figli

La rottura di un matrimonio, in termini di conseguenze, è un evento che può ripercuotersi sul patrimonio e questo interessa almeno uno dei due coniugi. Tutto ciò che è “comune”, cioè della famiglia, deve essere rimesso sul tavolino. In questo frangente l’attenzione si sposta sui figli che vanno tutelati perché sono – e resteranno – sempre di entrambi i genitori.

Al di là della questione degli alimenti, ovvero del cosiddetto assegno di mantenimento, per i figli o per la conservazione dello status economico, bisogna fare attenzione alla conservazione del patrimonio e della casa e per garantire una giusta tutela nei confronti dei figli.

Secondo la legge del nostro Paese, infatti, i figli hanno diritto a essere mantenuti da entrambi i genitori come recitano la Costituzione Italiana e l’articolo 147 del Codice Civile [1] fino al raggiungimento della loro indipendenza economica che dunque può essere individuata anche dopo il raggiungimento della maggiore età.

Separazione e divorzio: le conseguenze sul patrimonio

Innanzitutto bisogna stabilire qual è il regime scelto al momento del matrimonio:

Beni in comunione

All’atto del matrimonio civile, i futuri coniugi hanno la possibilità di optare per la comunione dei beni oppure per la separazione. Nel primo caso il codice civile (art. 177[2]) stabilisce che il diritto reale di tutti i beni acquistati – anche separatamente – dopo l’unione spetta a entrambi i coniugi. Sono oggetto della comunione anche i frutti dei beni di ciascun membro della coppia, i proventi delle attività, le aziende gestite da entrambi e costituite dopo il matrimonio.

Nel momento del divorzio, decadendo questo regime, ogni bene deve essere distribuito in parti uguali tra i coniugi, incluse le passività (ovvero i debiti come ad esempio un mutuo).

I beni indivisibili per loro stessa natura vengono venduti e il ricavato viene assegnato in parti uguali agli ex coniugi.

I beni ricevuti in eredità o in donazione non rientrano però nella comunione, così come i capitali eventualmente ricevuti a risarcimento danni.

Beni in separazione

Molte coppie al momento del matrimonio scelgono invece di optare per la separazione dei beni. Questa possibilità dà modo a ciascun membro della coppia di rimanere titolare dei propri beni, oltre che del godimento degli stessi.

In caso di separazione o divorzio chiaramente questa opzione permette di ridurre le controversie perché il patrimonio è già di per sé diviso tra i coniugi.

Trasferire i beni ai figli in caso di separazione o divorzio

Al di là dell’esistenza di comunione o separazione dei beni che incidono in maniera indiretta sul passaggio patrimoniale ai figli, ci sono delle opzioni alternative che possono essere percorse.

Quando si chiude un matrimonio e si raggiunge un accordo anche sulle questioni economiche, si può infatti optare per il trasferimento di beni immobili (come la casa) o altri diritti reali (come l’abitazione) anziché al coniuge, direttamente ai figli.

Questa opzione consente di:

  • Evitare – nella maggior parte dei casi – il ricorso al notaio perché i figli sono eredi legittimi
  • Risparmiare, perché questi trasferimenti godono di una fiscalità speciale e vantaggiosa

Questa richiesta di trasferimento agli eredi va iscritta nel verbale dell’udienza di separazione o divorzio. I coniugi possono anche decidere quando dare luogo effettivo a questo trasferimento (molto utile in caso di figli minorenni).

Nel caso in cui si parli di qualcosa in più dell’abitazione di famiglia, ovvero quando entrano in gioco titoli, liquidità oppure addirittura la titolarità di un’impresa, ci sono altri aspetti da considerare.

Il trasferimento di titoli, ovvero di strumenti finanziari, deve essere validato da un atto pubblico di fronte a un notaio. Lo ha chiarito una recente sentenza della Cassazione [3] che ha confermato la nullità dell’atto se fatto in modo differente. La sola eccezione è prevista in caso di “modico valore”, un limite non specificato dalla legge ma che permette donazioni dirette senza la ratifica di un atto pubblico.

Quando si tratta di trasferire un’impresa si può ricorrere alla donazione, un contratto consensuale tra le due parti che determina la volontà di trasferire la proprietà in oggetto quando il donante è ancora in vita, oppure al cosiddetto patto di famiglia.

Nel primo caso l’imprenditore può passare la proprietà dell’azienda al figlio ma, al momento della successione vera e propria (cioè al decesso del donante) il valore dell’aziende deve essere sommato agli altri beni eventualmente inseriti nell’asse ereditario per ricostruire l’intero ammontare della successione e consentire a tutti gli eredi legittimi di esercitare i propri diritti sul capitale.

L’alternativa è il patto di famiglia, uno specifico contratto alla sottoscrizione del quale devono però partecipare anche gli altri eventuali membri della famiglia chiamati all’eredità, quindi anche l’ex coniuge, oltre che nipoti, fratelli e altri parenti prossimi. Nel contratto stipulato come patto di famiglia il disponente (ovvero colui che deve trasferire l’azienda) propone di compensare con altri beni il valore dell’azienda che non viene suddivisa tra gli eredi. Con il patto di famiglia si realizza una vera e propria successione in vita visto che il bene in oggetto – nel nostro caso un’azienda – esce dall’asse ereditario e gli altri membri della famiglia non potranno più rivalere diritti su quella proprietà.

Se invece ci sono denari liquidi da trasferire, si consiglia di seguire una procedura tracciata, nel rispetto cioè della normativa antiriciclaggio che stabilisce che, se la somma è superiore ai 2.999 euro, devono essere utilizzati mezzi che possono essere individuati ex-post. Dunque vanno bene un assegno bancario, un bonifico, un assegno circolare.

Alcuni casi di giurisprudenza suggeriscono anche di predisporre uno scambio di posta elettronica certificata (o di raccomandate postali classiche con ricevuta di ritorno, nella quale siano certe – cioè – le date), nelle quali il donatario avvisa il figlio di aver effettuato la donazione specificando il mezzo effettuato e l’importo; una volta ricevuta la somma, il figlio risponde confermando il ricevimento della stessa somma donata.

Mutuo sulla casa di famiglia: come tutelare i figli in caso di separazione o divorzio

Quando la proprietà di un immobile, però, non è ancora compiuta e cioè quando – ad esempio – bisogna ancora terminare di pagare la casa, possono sorgere diverbi relativi alla titolarità del debito. Chi dei due ex-coniugi deve continuare a pagare?

Bisogna sapere, però, che un mutuo viene considerato un contratto autonomo rispetto a quello coniugale. Questo significa che la condizione di separazione o divorzio non incide sulla rimessa alla banca che continuerà a ritenersi creditore di chi ha stipulato il contratto, uno solo dei due ex-coniugi, oppure entrambi se il mutuo è cointestato.

Dunque, in caso di rottura del legame matrimoniale, non importa chi effettivamente resta ad abitare nella casa sulla quale è in corso di soluzione un mutuo: le condizioni contrattuali stabilite in principio restano quelle valide.

Solo il giudice, valutando situazioni specifiche, potrebbe esprimersi in favore di una tutela dell’uno o dell’altro membro della coppia oppure dei figli, riducendo l’assegno di mantenimento, ad esempio.

In ogni caso, per cambiare le condizioni iniziali del mutuo la famiglia potrebbe decidere:

  • per una surroga del mutuo, e nel passaggio ad altro istituto di credito far risultare come intestatario solo una persona anziché due;
  • Per un trasferimento del mutuo;
  • per un accollo del mutuo (link a articolo non ancora online) cointestato, eleggendo solo uno dei due contraenti come intestatario del finanziamento e quindi titolare dell’immobile;
  • per continuare il pagamento congiunto concordando le modalità con l’ausilio eventuale del giudice.

Tuttavia è sempre consigliabile tutelare l’erede o gli eredi, specialmente se ancora minorenni, con un’assicurazione che li tuteli in caso di gravi imprevisti al genitore che si incarica di assolvere al pagamento delle rate. Questo permette di dormire sonni tranquilli, oltre che di non gravare ulteriormente sul tenore di vita familiare dopo la separazione o il divorzio.

Conclusioni e consigli finali

La tutela dei figli è un argomento che ogni famiglia dovrebbe prendere a cuore prevedendo anche i gravi imprevisti che potrebbero occorrere.

Così, anche quando una famiglia finisce perché i coniugi decidono di separarsi o di giungere a un divorzio, ci sono dei metodi per tutelare il patrimonio familiare e rendere più agevole e sicuro il passaggio generazionale.

Sia in caso di proprietà che nel caso di un debito ancora da colmare (un mutuo, ad esempio, oppure un finanziamento), è sempre consigliabile assicurarsi di non gravare sulle finanze del proprio erede ovvero di far sì che le nostre scelte non ricadano negativamente sulle spalle dei nostri figli.

In questi casi una polizza che assicuri un capitale ai propri figli in caso imprevisti, potrebbe essere una soluzione che mette al riparo i tuoi averi e il tenore di vita in ogni caso, perché queste somme:

  • non sono pignorabili né sequestrabili;
  • non sono soggette alle imposte di successione;
  • non sono soggette a Irpef.

Ciò garantisce la sicurezza che i propri figli possano disporre integralmente della somma assicurata, indipendentemente dalla situazione economica nel momento in cui occorre provvedere alla successione.

Fonti per questo articolo

[1] https://www.senato.it/1025?sezione=121&articolo_numero_articolo=30, https://www.laleggepertutti.it/codice-civile/art-147-codice-civile

[2] http://www.altalex.com/documents/news/2014/04/15/del-regime-patrimoniale-della-famiglia#art177

[3] http://www.notaiofelicetti.it/news/successioni-e-eredita/120-il-trasferimento-di-titoli-da-padre-a-figlio-deve-essere-fatto-per-atto-pubblico

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