DSA, BES e ADHD: facciamo chiarezza sui nuovi disturbi e gli screening scolastici

Negli ultimi anni si sente sempre di più parlare di disturbi dell’apprendimento e nelle scuole primarie ormai vengono fatti normalmente test per individuare eventuali casi. Fra i vari disturbi, però, c’è molta confusione. Ecco un articolo che ti aiuta a orientarti.

DSA, BES, ADHD, sigle che per molti non hanno grande senso. E il fatto che siano, appunto, acronimi, non aiuta certo a identificare con precisione la questione.

Generalmente si tratta di difficoltà che si riscontrano nei bambini, all’interno del contesto scolastico.

·        DSA è la sigla per Disturbi specifici dell’Apprendimento, una difficoltà particolare, cioè, che può riguardare scrittura, lettura o calcolo.

·        ADHD indica un Deficit dell’attenzione e dell’iperattività che fa riferimento a una difficoltà a mantenere l’autocontrollo, la concentrazione, l’attenzione o a tenere a bada l’impulsività.

·        BES è l’acronimo di Bisogni educativi speciali e in questo gruppo rientrano delle difficoltà legate a deficit neurologici o anche difficoltà manifestate dai ragazzi nell’apprendimento anche se non c’è una diagnosi medica specifica. BES indica, dunque, un gruppo nel quale possono rientrare anche DSA e ADHD.

Sei ancora confuso? Continua a leggere questo articolo.

Disturbi dell’apprendimento: cosa dice la direttiva ministeriale

Quando inizia il percorso scolastico di un bambino, con l’ingresso nella Scuola Primaria, avviene un passaggio decisivo: si passa dal gioco puro e semplice al primo approccio con lo studio.

Al di là del tipo di scuola scelto, ai bambini è richiesto di imparare gradualmente a scrivere, leggere e calcolare, oltre che osservare delle regole di convivenza e di disciplina scolastica. Alcuni allievi, però, possono manifestare dei disagi di vario livello che richiedono un’attenzione speciale da parte degli insegnanti.

La direttiva ministeriale di riferimento (del 27 dicembre 2012) [1] indica con la sigla BES tutti quei casi nei quali c’è un Bisogno Educativo Speciale, cioè la necessità di strutturare le lezioni in modo un po’ diverso, studiate apposta per l’allievo. Questo piano formativo personalizzato ha lo scopo di aiutare il ragazzo a raggiungere gli obiettivi di base.[DSV1]

BES: cos’è, quali disturbi nel fanno parte, cosa significa per l’allievo

Nel gruppo dei Bisogni Educativi Speciali sono comprese varie categorie. Ecco le più importanti:

·        Gli allievi con disabilità, secondo la legge 104/92. In questo caso è previsto anche il supporto di un insegnante di sostegno in alcune ore del giorno (a seconda del bisogno). Generalmente la diagnosi è nota già prima dell’iscrizione alla primaria e dunque anche le misure di inserimento nella classe e di integrazione con i compagni sono pianificati prima dell’ingresso a scuola.

·        Gli allievi con disturbi evolutivi specifici fra cui i DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) certificati ai sensi della legge 170/2010 (dislessia, disortografia, disgrafia, dicalculia)[2] ma anche deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, della coordinazione motoria, dell’attenzione e dell’iperattività (ADHD).
Si tratta di una serie di disturbi che comportano una difficoltà maggiore nello svolgere le attività di classe. I sintomi tipici sono difficoltà nella lettura, nella scrittura, nel calcolo, difficoltà di concentrazione o attenzione, difficoltà nel restare seduto al banco durante le lezioni, ma anche altre manifestazioni come disturbi d’ansia o dell’umore, fino a disturbi del cosiddetto “spettro autistico lieve”. In questi casi non è previsto un insegnante di sostegno.

Nel gruppo dei BES, però, rientrano anche quei ragazzi che, vivendo in una situazione di svantaggio sociale, economico, linguistico o culturale, non hanno la stessa “situazione di partenza” rispetto ad altri compagni di scuola. Solitamente il bisogno educativo speciale è temporaneo e si esaurisce nel momento in cui questi studenti riescono a “riallinearsi” ai propri coetanei, raggiungendo obiettivi comuni.

È il caso, ad esempio, di ragazzi stranieri arrivati da poco in Italia che non conoscono ancora bene la nostra lingua, oppure di allievi che vivono una situazione familiare svantaggiata e quindi manifestano disagi anche nella vita sociale e scolastica.

In questi casi si può utilizzare un Piano Didattico Personalizzato (PDP), cioè un programma speciale, per permettere e dare il tempo all’alunno di compensare eventuali difficoltà (ad esempio quelle linguistiche). La decisione di utilizzare questo strumento viene presa caso, per caso, da Collegio dei Docenti.

DSA o Disturbo Specifico dell’Apprendimento: cos’è e come interviene la scuola

Un disturbo dell’apprendimento è legato allo sviluppo neurologico del ragazzo e solitamente si manifesta in una difficoltà a leggere, scrivere o far di conto. Ecco perché – molto spesso – i DSA vengono individuati proprio nel momento dell’ingresso alla scuola primaria.

È importante sottolineare che non si tratta di malattie: si tratta di ragazzi senza alcun deficit né sensoriale, né psicologico, che però hanno una caratteristica specifica, diversa da altri. In parole semplici, è come una caratteristica fisica, come il colore degli occhi, ma riguarda una caratteristica del cervello.

Secondo un recente report del Miur, i ragazzi con DSA sarebbero il 2,9% della popolazione scolastica del nostro Paese, pari a circa 254mila allievi.[4] Negli ultimi 3 anni l’incremento di certificazioni è stato notevole: sono cresciute del 47% le diagnosi di dislessia, del 90% quelle di disgrafia, dell’85% di disortografia, dell’89% di discalculia.

I disturbi inclusi nel gruppo DSA: dislessia, discalculia, disgrafia

Il più noto fra i disturbi inclusi nei DSA è sicuramente la dislessia, che riguarda soprattutto la lettura dei testi. Il ragazzo dislessico non riesce a leggere in modo lineare e fluente. Questo spesso comporta una difficoltà a capire il senso di ciò che si legge.

Esistono però anche difficoltà nella scrittura (disgrafia) e si ritrovano nei bimbi che hanno non riescono a scrivere correttamente le parole, sia in termini di ortografia (disortografia) che in termini di organizzazione delle lettere e delle parole sul foglio. Non è solo uno scrivere male, in modo disordinato o disorganizzato, ma proprio un non riuscire a farlo meglio per una difficoltà motoria della scrittura.

Allo stesso modo esiste una difficoltà a contare, a imparare le tabelline, a fare calcoli, a comprendere il valore delle cifre. Questo disturbo si chiama discalculia.

ADHD: quando un bambino non è capace di stare fermo

Il Deficit dell’Attenzione e Iperattività (ADHD) è una forma di disturbo dell’età evolutiva che colpisce – secondo i dati – il 4% circa dei bambini in età scolare, prevalentemente maschi.

Spesso ci troviamo di fronte a ragazzini più intelligenti della media ma che dimostrano una difficoltà di autocontrollo, di mantenere l’attenzione per un tempo prolungato perché non riescono a “filtrare” gli stimoli esterni. I bambini con questi disturbi sono ciclonici, impulsivi, spesso disordinati e sbadati. Delle vere e proprie “trottole”, incapaci – però – di controllarsi.

Sebbene quasi in ogni bambino si possa ritrovare questo tipo di vivacità, quando è il momento di entrare a scuola i bambini iperattivi manifestano difficoltà a restare seduti al banco, concentrati sul compito, portare a termine un obiettivo.

Un bambino con un disturbo dell’attenzione e iperattività ha difficoltà ad aspettare il proprio turno, a prendere sonno, ha bisogno di muoversi continuamente e toccare tutto ciò che lo circonda e a manifestare una grande frustrazione quando le sue richieste non vengono esaudite.

Anche in questo caso, il Collegio dei Docenti potrebbe predisporre dei Piani Didattici Personalizzati per permettere ai ragazzi iperattivi di raggiungere tutti gli obiettivi previsti dall’anno scolastico.

La prevenzione dei disturbi dell’attenzione e dello spettro autistico nella scuola

Un bambino vivace non è iperattivo, un bambino alle prese con qualche difficoltà nei compiti di scuola non è dislessico, allo stesso modo qualche inciampo nei primi compiti di matematica non è sintomo di discalculia.

Oggi la maggior parte delle scuole in Italia accoglie attività di screening gratuiti effettuati da associazioni mediche o specialisti. Già nei primi anni di vita, i pediatri effettuano test per comprendere l’avanzamento del processo di sviluppo. [5]

In particolare, secondo l’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio dei Disturbi dello Spettro Autistico coordinato dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità [6], sono stati stabiliti dei protocolli che prevedono la somministrazione nelle scuole primarie di “SCQ lifetime questionnaire”, un questionario che aiuta a valutare le capacità comunicative, sociali e relazionali di bambini per individuare eventuali disturbi.

Si tratta di test e prove che hanno lo scopo di evidenziare eventuali deficit. Dove se ne riscontri eventualmente la necessità, l’Ente che effettua i test, insieme alla scuola, comunicherà alle famiglie la necessità di approfondire le indagini e di dare supporto e sostegno particolare al bambino perché proceda nella carriera scolastica.

Bambini e ragazzi vivaci? È normale: tu pensa alla loro protezione

È normale che un genitore si preoccupi. Ma la socialità e la vivacità dei ragazzi nelle aule di scuola sono generalmente segnali positivi della loro integrazione.

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Fonti per questo articolo

[1] http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/8d31611f-9d06-47d0-bcb7-3580ea282df1/dir271212.pdf

[2] https://www.aiditalia.org/Media/Documents/legge170_10.pdf

[3] http://www.istruzione.it/allegati/prot2563_13.pdf

[4] http://www.miur.gov.it/web/guest/pubblicazioni/-/asset_publisher/6Ya1FS4E4QJw/content/gli-alunni-con-disturbi-specifici-dell-apprendimento-dsa-nell-a-s-2016-2017?inheritRedirect=false&redirect=http%3A//

[5] http://old.iss.it/binary/auti/cont/Soldateschi.pdf

[6] http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_2502_listaFile_itemName_0_file.pdf

 

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