Affido familiare: cos'è e differenze con l'adozione

L’affido è un modo per prendersi cura di un minore in difficoltà e accoglierlo in una famiglia diversa da quella biologica in via temporanea. Si tratta di un atto di grande generosità molto differente dall’adozione. Vediamo in questo articolo di cosa si tratta, chi può candidarsi ad accogliere e come dare la propria disponibilità.

 

Che cos'è l'affido familiare?

L’affido familiare è una pratica di volontariato per aiutare minori che vivono in famiglie con situazioni di difficoltà. Un minore – italiano o straniero – viene allontanato dalla sua famiglia d’origine solo quando questa non può garantirgli le condizioni di base che permettono la vita e l’educazione.

In questi casi può intervenire il supporto temporaneo di un’altra famiglia affidataria che si offre di prendersi cura del minore, fin quando le condizioni del nucleo di origine non rientrino nella norma.

L’obiettivo di un progetto di affido familiare è dunque riunificare la famiglia nel tempo, in modo che i figli possano tornare a vivere insieme ai genitori, in condizioni migliori.

Perché un minore viene allontanato dalla famiglia biologica?

Il processo che allontana un minore dalla famiglia viene avviato solo se esistono situazioni di grave difficoltà segnalate dai servizi sociali, dalla scuola o anche dalle Asl e poi verificate in momenti diversi e dal giudice tutelare (se c’è il consenso dei genitori all’affido) oppure dal Tribunale dei Minori che dispone il decreto di affido (se non c’è il consenso dei genitori).

Prima di giungere a una sentenza di allontanamento, devono esserci stati già dei tentativi di migliorare la situazione. I servizi sociali devono – in poche parole – tentare di favorire in tutti i modi la permanenza del minore nella sua famiglia d’origine e, solo in casi davvero complicati, procedere a un suo allontanamento e dunque a una pratica di affido.

Quanti sono i minori accolti in famiglie affidatarie?

L’allontanamento dal nucleo di origine e l’avvio delle pratiche di affido sono quindi una situazione estrema [1], da valutare in situazioni nelle quali la vita stessa del minore e la sua educazione sono a rischio.

E in effetti si tratta di situazioni rare, che riguardano – secondo le stime emerse dopo gli ultimi fatti di cronaca – circa 26mila minorenni nel nostro Paese [2], 14mila dei quali accolti in famiglie affidatarie, ai quali vanno aggiunti i minori stranieri che arrivano non accompagnati.

Chi può candidarsi per accogliere un bambino in affido?

Un bambino o un ragazzo minorenne possono essere accolti in una famiglia formata da:

·        Una coppia sposata o convivente con o senza figli propri

·        Un single con o senza figli propri

La famiglia affidataria deve garantire al minore il sostegno e l’affetto necessari per poter vivere e crescere bene anche in un momento tanto difficile per la sua esistenza.

Quanto dura un affido familiare?

A differenza dell’adozione, l’affido familiare ha un termine che – per legge – è previsto dopo 24 mesi (2 anni). Tuttavia questo termine può essere prolungato dal Tribunale dei Minori nell’interesse del ragazzo.

Nel caso in cui la famiglia di origine versi in condizioni di disagio particolarmente severe il minore può essere dato in affido per tutto il tempo in cui dura questa causa di impedimento.

Secondo una ricerca del Centro Nazionale di Documentazione per l’Infanzia e l’Adolescenza, quasi il 60% dei minori affidati a una famiglia diversa da quella biologica lo è da più di due anni.

A questo proposito si sono susseguite diverse iniziative che tendono a rivedere la legge 184 per stimolare la possibilità di prevedere sin dai primi momenti degli “affidi di lunga durata”.[3]

Cosa fare se vuoi accogliere un bambino in affido

Per dare disponibilità ad accogliere un minore è necessario rivolgersi innanzitutto ai Servizi Sociali del proprio Comune di residenza. L’ufficio avvierà un percorso di valutazione e conoscenza della coppia o del singolo che si è reso disponibile.

Questa fase è costituita da una serie di incontri con psicologi e assistenti sociali, sia in studi esterni che a domicilio. A questa fase prendono parte anche altri componenti della famiglia e dunque figli (se ce ne sono) e nonni, se conviventi.

In caso di valutazione positiva si può iniziare un breve iter che apre le porte all’esperienza di affido.

A differenza delle pratiche di adozione, le pratiche di affido non sono tanto lunghe e complesse. Tuttavia c’è bisogno di fornire alcune garanzie e di rispettare alcune regole:

·        Viene richiesta la frequenza di un corso di formazione/informazione a cura di operatori esperti, nella maggior parte dei casi organizzati in seno a associazioni o enti che si occupano proprio di minori in affido.
Questo corso si propone di far comprendere il vero ruolo della famiglia che accoglie, il tenore delle dinamiche relazionali che possono svilupparti e preparare al cambiamento che la famiglia inevitabilmente incontrerà durante l’accoglienza.

·        Non ci sono limiti di età, ma i richiedenti devono essere maggiorenni

·        Si può dichiarare la propria disponibilità ad accogliere un ragazzo anche se non ci sono altri figli propri, naturali o adottati.

·        È bene essere consapevoli che i percorsi di adozione riguardano spesso adolescenti, meno spesso bambini piccoli.

·        Dopo l’affido, le famiglie che accolgono vengono seguite da personale esperto e assistite psicologicamente.

·        I legami tra genitori affidatari e minori, a conclusione del percorso di affido, possono continuare.

Quali sono i doveri di un genitore affidatario?

Abbiamo specificato più volte che l’affido familiare è un progetto di supporto temporaneo, ciononostante la famiglia affidataria assume comunque la responsabilità oltre che la potestà parentale rispetto al ragazzo nel periodo di permanenza in famiglia.

In parole povere significa che la famiglia che accoglie diventa responsabile del bambino o del ragazzo per tutto ciò che riguarda – tra le altre cose – la scuola e i rapporti con insegnanti e compagni, la salute e dunque la decisione su cure o interventi chirurgici (ad eccezione di alcuni casi particolarmente gravi) e provvedimenti di varia natura che riguardano il minore, anche se generalmente c’è l’appoggio dell’Autorità Giudiziaria.

I genitori affidatari devono provvedere economicamente e fattivamente al sostegno del ragazzo, rispettando la sua identità culturale e la riservatezza delle informazioni eventualmente ricevute dai Servizi Sociali in merito alla sua storia personale.

Quali sono i diritti e il sostegno riconosciuti a un genitore affidatario?

Nel momento dell’ingresso del minore nella famiglia affidataria, la madre, il padre o il genitore single possono godere dei congedi parentali e delle relative indennità previsti anche nel caso di adozione o figli naturali, a prescindere dall’età del bambino o del ragazzo.

A livello economico e previdenziale, ricordando che si tratta di una iniziativa volontaria, esistono solo contributi mensili a titolo di rimborso spese che il Comune che dispone l’affidamento può decidere con una delibera specifica. Questo contributo non è riconosciuto obbligatoriamente, ma ci sono molti casi in cui questo avviene.

A volte il contributo consiste anche nel riconoscimento di una copertura assicurativa per infortuni o danni a terzi ma spesso questo supporto non c’è. Il consiglio è quello di pensare a una polizza adeguata assicurando il minore in modo da tutelare le finanze familiari e la salute del ragazzo: a fronte di una piccola spesa mensile ci si potrà assicurare un sostegno economico in caso di imprevisti, così da garantirgli cure migliori senza gravare sul bilancio familiare.

Se il Giudice lo dispone, per il periodo in cui il minore vive nella famiglia affidataria, è possibile portare in detrazione le spese come carico di famiglia.

Un’altra importante forma di sostegno è la possibilità che la famiglia affidataria entri in gruppi di famiglie affidatarie che hanno vissuto oppure stanno vivendo lo stesso tipo di esperienza. Si tratta di gruppi di auto-aiuto, seguiti spesso da psicologi o personale qualificato, nei quali ci si può confrontare su casi pratici e quotidiani.

Libri e manuali consigliati per chi desidera candidarsi come famiglia affidataria

Come nostra consuetudine, diamo anche dei riferimenti utili per le famiglie che vogliono intraprendere la strada dell’affido perché possano conoscere meglio questo istituto.

·        Una famiglia in più. Esperienze di affidamento è un libro del 2004 che racconta storie vere di famiglie e di percorsi di affidamento, molto utile per comprendere ogni risvolto di questa esperienza ancora prima di intraprenderla. Vengono affrontati aspetti psicologici, giuridici e sociali con approfondimenti degli autori. L’editore è Utet.

·        Di Roberto Piumini è il recentissimo (2017) Le case di Luca. Diario segreto di un affido edito da Manni, un racconto in prima persona nel quale il protagonista Luca riporta la cronaca della sua storia in una famiglia “difficile” e poi in una “in più”, quella che lo accoglie. Il libro è adatto alla lettura dei ragazzi dagli 8 anni.

·        Ultimo, ma non meno importante, è il volume di Carla Forcolin, Io non posso proteggerti. Quando l’affido finisce: testimonianze e proposte perché gli affetti possano continuare edito da FrancoAngeli. Un libro che pone l’accento sulla temporaneità dell’esperienza e racconta il “dopo”, a volte sereno ma spesso doloroso e problematico.

Fonti per questo articolo

Per un elenco di riferimenti normativi completi puoi visitare questa pagina di Anfaa (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie)

[1] Legge 184 del 1983

[2] https://www.ilsole24ore.com/art/affido-residenza-o-famiglia-26mila-bambini-ACcgmFb

[3] https://www.minori.it/sites/default/files/Anfaa%20_Seminario_1_12_18.pdf

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