Far studiare i figli all’estero

Far studiare i figli all'estero è il desiderio di molti genitori che vogliono dare maggiori chance di riuscita ai propri ragazzi. Un periodo di studio all’estero è un’esperienza di vita, non solo una voce in più sul curriculum. I ragazzi vanno spronati a studiare all'estero le lingue straniere; il motivo? Presto detto... imparare altri idiomi (oltre l'inglese), da' allo studente un netto vantaggio sugli altri e apre innumerevoli strade nel mondo del lavoro.

Generalmente tutti d’accordo: insegnanti, genitori, studenti e datori di lavoro e per quelle famiglie che possono o che se la sentono è davvero un’esperienza importante e unica: studiare all’estero dà più chans e produce dei benefici tangibili sui ragazzi. A dimostrarlo con uno studio è stata qualche tempo fa l’ex-Commissaria per l'Istruzione Androulla Vassiliou, secondo la quale chi fa un’esperienza di apprendimento fuori dal nostro Paese: “non acquisisce solo conoscenze in discipline specifiche, ma consolida anche le competenze trasversali fondamentali”.

I benefici si estenderebbero anche oltre, nelle possibilità di trovare un impiego dopo il diploma o la laurea: “L'incidenza della disoccupazione a lungo termine è dimezzata e a cinque anni dalla laurea il tasso di disoccupazione di chi ha studiato all'estero in una parte del proprio percorso universitario è inferiore del 23% rispetto agli altri”.

Sempre secondo lo studio di Vassiliu “La maggioranza dei datori di lavoro cerca infatti nei futuri dipendenti tratti della personalità come tolleranza, fiducia in se stessi, curiosità, capacità di risolvere problemi, risolutezza, conoscenza dei propri punti di forza e di debolezza: tutti elementi potenziati da un'esperienza internazionale”.

Se il citato studio dovesse sembrare poco o magari indirizzato a sottolineare i vantaggi del nuovo programma Erasmus +, del quale la ex-Commissaria Vassiliu è stata promotrice, ecco che giunge a corredo un’altra indagine, questa volta assolutamente super partes, realizzata dalla Kepler Universitat di Linz (Austria) che già nel 2014 affermava con certezza le stesse cose: “Studiare in un Paese straniero, per imparare una lingua, aprirsi la mente e imparare anche l’arte di arrangiarsi: la ricerca ha voluto mostrare scientificamente come l’esperienza comporti un beneficio su vari piani che si traduce, nel corso degli anni, in un vantaggio competitivo, anche sul piano personale e non strettamente accademico”.

La ricerca ha preso in esame le risposte a complessi questionari sottoposti a due campioni di studenti, entrambi composti da 540 giovani: il primo gruppo formato da chi aveva scelto un’esperienza all’estero, il secondo gruppo da chi invece aveva deciso di restare in patria. Lo studio ha condotto ad una conclusione facile da immaginare: “lo scambio internazionale favorisce le competenze linguistiche, accresce una formazione internazionale e una propensione a lavorare all’estero e contribuisce alla formazione della persona a tutto tondo”.

Ma al di là dei risultati spesso intangibili degli studi, che sembrano lontani e irreali, ci sono le storie vere, quelle dei giovani che queste esperienze le hanno fatte per davvero.

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La storia di Nadia, dalla Francia alla Bulgaria, passando per l’Estonia.

Non è difficile trovare un giovane che abbia scelto di studiare e poi di vivere all’estero e così ho intervistato Nadia, classe 1985, originaria della provincia di Pescara, cittadina italiana e figlia di genitori italiani, la dimostrazione vivente che decidere di avere un’esperienza all’estero è davvero un buon investimento.

“La mia prima esperienza lunga all’estero è stata con l’Erasmus, l’ultimo anno della triennale. Sono stata 10 mesi a Bordeaux (Francia) e non ho difficoltà a dire che è stata l’esperienza più bella della mia vita. Da adolescente ero stata in Inghilterra in College per le vacanze-studio, ma si è trattato di soggiorni brevi e organizzati. Nel caso dell’Erasmus, è stata la prima volta che ho passato tanto tempo lontana da casa e dalla mia famiglia e soprattutto da sola”.

Parlando dei vantaggi per uno studente che vive un periodo fuori dal proprio Paese, Nadia racconta: “Il fatto di frequentare una Università straniera dà la possibilità di entrare in contatto con un sistema differente e già questo apre gli occhi sull’esistenza di alternative. In Francia, ad esempio, sostenevamo tutti gli esami di un appello in una sola settimana e le lezioni, a differenza di quelle nella maggior parte degli Atenei italiani, hanno un approccio più seminariale, più pratico, dove il docente sale in cattedra per un’ora e poi l’aula si divide in gruppi di studio seguiti dai tutor. In quel frangente c’è tempo e modo di discutere, approfondendo la materia. Naturalmente, ma mi sembra scontato, studiare all’estero significa imparare fluentemente una lingua straniera, ma soprattutto c’è un fattore di crescita personale: ti devi arrangiare da solo e devi provvedere a tutto e queste cose danno molta sicurezza, preparano al mondo del lavoro e fanno crescere”.

Nadia è una di quelle che dopo l’Erasmus ha deciso di continuare le esperienze fuori dal nostro Paese: “Un po’ per temperamento personale”, dice scherzando, e continua la sua storia: “Dopo questa esperienza mi sono laureata alla triennale e poi ho velocemente conseguito la specialistica, sempre a Bologna, in Scienze Diplomatiche, una scelta che già di per sé implica la volontà di vivere senza problemi di confini e di frontiere. Dopo la laurea ho preso il Toefl, la certificazione di inglese che mi sarebbe stata fondamentale per il mio primo tirocinio importante che mi ha portato nella capitale dell’Estonia, a Tallin, presso il Ministero degli Esteri, dove sono rimasta per quattro mesi, e dopo la specialistica ho fatto un tirocinio a Tallin (Estonia) del Ministero degli Esteri di 4 mesi. Tornata in Italia ho avuto la possibilità di espatriare nuovamente e sono stata scelta per un altro tirocinio presso Confindustria Bulgaria dove mi occupavo di comunicazione. È stata un’esperienza molto intensa e formativa, tanto che una volta concluso il tirocinio non ho avuto difficoltà a trovare immediatamente lavoro, sempre a Sofia, dove sono rimasta per 4 anni”.

A Sofia, Nadia era complaint manager per un noto marchio di cellulari che opera in tutto il mondo. Il suo lavoro consisteva nel gestire gli operatori e le attività in italiano e francese, tanto che “Già che c’ero ho preso anche il Dalf, la massima certificazione linguistica per il francese”.

Un paio di settimane fa, Nadia è tornata in Italia. Ha deciso di lasciare la Bulgaria per esplorare qualche altro Paese, ma le valigie sono già pronte di nuovo: “Adesso sto decidendo la mia nuova meta: vorrei trasferirmi in Spagna, in Andalusia e ai primi di settembre partirò di nuovo per fare un “sopralluogo”. Nel frattempo lavoro part-time per una società di interpretariato tecnico e traduzione che ha sede a Dubai, per loro curo una parte di comunicazione e marketing in inglese e italiano. Prima di lasciare il lavoro a Sofia ho mandato il mio curriculum in giro e non c’è voluto molto a trovare un altro impiego. A settembre inizierò full-time e fortunatamente posso seguire tutto a distanza così da potermi spostare liberamente”.

Giovane coppia che guarda mappa del mondo

Studiare all’estero, 5 cose da ricordare prima di partire

Al di là degli adempimenti burocratici richiesti dalla scuola o dall’Università per accedere ai programmi di studio all’estero, prima di partire per un’avventura che dura mediamente tra i 6 e i 14 mesi, gli studenti e le loro famiglie si troveranno di fronte a una serie di documenti da perfezionare.

1. Documenti personali e carta di credito/bancomat. Innanzitutto è necessario assicurarsi di avere i propri documenti di identità in regola, passaporto o carta d’identità valida per l’espatrio, oltre ad una carta di credito o un bancomat che permetta al ragazzo di gestire il proprio portafoglio con più tranquillità. Bisogna infatti ricordarsi che per ottenere il passaporto bisogna recarsi nella locale Questura, fare richiesta, dopo di che occorrono da una settimana ai 20 giorni (dipende dalla città) per la restituzione. La carta d’identità è più veloce e si richiede negli uffici anagrafe del Comune di residenza.

È prudente conservare anche una copia fotostatica di entrambi i documenti perché in caso di smarrimento potrebbe rivelarsi una risorsa per effettuare la denuncia.

Anche per la Carta di Credito o per il bancomat occorrerà qualche giorno perché la banca si a in grado di rilasciarla, dunque è meglio occuparsene per tempo. È bene ricordarsi di gestire con attenzione i massimali, soprattutto per evitare grossi danni in caso di furto o clonazione.

2. Assicurazione sanitaria valida per l’estero. Non è un’azione obbligatoria, ma è davvero utile e potrebbe far risparmiare moltissimi soldi, tempo e salvare il ragazzo che si dovesse trovare in situazioni di pericolo.

Un’assicurazione infortuni e salute è un atto di responsabilità, ancor più importante se il periodo di residenza si svolge fuori dall’Europa. Bisogna ricordarsi che il ragazzo sarà solo, senza l’immediato appoggio di un adulto e sapere di avere un’assicurazione che gli permette di gestire con disinvoltura un ricovero, un gesso o un piccolo incidente, certamente farà stare tutti più tranquilli.

3. Un kit di medicine “di fiducia”. Sempre in tema di salute è bene portare con sé sempre un piccolo kit di medicinali, di quelli che si prendono già a casa nel caso di malesseri più lievi e ai quali si è abituati: qualcosa per il mal di testa, per l’influenza, un disinfettante e dei cerotti, un termometro. Insomma un piccolo astuccio da tenere con sé almeno per i primi tempi, durante i quali bisogna ancora imparare ad orientarsi nella nuova città e durante i quali non è sempre facile destreggiarsi con la lingua tanto da spiegarsi per bene in farmacia.

4. Una guida della città di destinazione. È vero, ci sono le mappe online, ci sono i siti web dedicati alla città scelta come dimora per i prossimi mesi, ma perché siano visibili occorre una connessione e il telefono con la batteria carica. Siccome non è sempre così, una guida cartacea, anche se un po’ demodé, farà il suo dovere ovunque e comunque ed è sempre bene averne una in valigia, a portata di mano.

5. Una scheda sim con offerta per l’estero. Sicuramente si tratta di qualcosa di non strettamente necessario, ma informarsi prima di partire sull’offerta per l’estero del nostro (o di un altro) operatore telefonico non è cosa sbagliata. Spesso con pochi euro ci sono molti minuti e messaggi a disposizione, un ottimo modo per tenersi in contatto con i familiari quando c’è bisogno senza spendere un patrimonio.

 

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