Riforma buona scuola: ecco cosa cambia

Dopo gli ultimi decreti attuativi per gli studenti di varie fasce d’età e per gli insegnanti, ecco cosa cambia con la Riforma.

Cosa cambia dopo gli ultimi decreti attuativi per studenti di varie fasce di età.

Ancora novità per insegnanti e studenti, dagli asili nido fino alla maturità, con la Riforma Buona Scuola nella sua versione "bis". I nuovi decreti della riforma sono entrati in attuazione all’inizio di aprile 2017, e hanno introdotto nel sistema educativo nazionale una serie di cambiamenti di prospettiva imponenti.
Dopo il primo blocco di riforme, già introdotte due anni fa con la Legge 107, sono entrati ora in applicazione altri 8 decreti che toccano temi importanti: esami, assunzioni, infanzia, disabilità, diritto allo studio.

Le nuove norme sono in continuità con le prerogative della riforma del 2015: "La Buona Scuola mette al centro l’autonomia scolastica dando gli strumenti finanziari e operativi ai dirigenti per poterla realizzare – si legge nel documento di sintesi realizzato per il sito del Ministero - Le scuole avranno più risorse economiche: viene raddoppiato il loro Fondo di funzionamento. Ma anche più risorse umane: ogni istituto avrà in media 7 docenti in più per realizzare i propri progetti e per l’arricchimento dell’offerta formativa."

Oltre a nuovi docenti, si parla di un’offerta formativa più ampia: la riforma introduce nei programmi anche materie trasversali quali arte, musica, più lingue straniere, economia e discipline del web.

Riforma scuola 2017: cosa cambia nella valutazione degli studenti

Cambiano le modalità di esame, sia le prove per acquisire la licenza media che la maturità. In particolare gli studenti della media inferiore torneranno a sostenere 3 prove d’esame scritte (matematica, italiano e lingua straniera) e il colloquio, invece delle 6 previste fino ad oggi.

Per ottenere il diploma di maturità gli studenti dovranno affrontare 2 prove scritte perché viene abolito il “quiz” su tutte le materie che da qualche anno aveva costituito una terza prova. Resta l’orale e il punteggio massimo che può essere assegnato ad ogni prova diventa 20, mentre per essere ammessi a sostenere la maturità ogni studente deve presentare la sufficienza (6) in tutte le materie, aver superato il test Invalsi di inglese, matematica e italiano (che si svolge durante l’anno) e aver portato a termine il percorso di alternanza scuola-lavoro. Il punteggio di esame si unisce al credito con il quale ogni studente si presenta alla commissione e che diventa di massimo 40 punti (era di 25 nel “vecchio” sistema). Il voto massimo di maturità resta pertanto “100”.

Alla scuola primaria, infine, i voti restano numerici e saranno accompagnati da una relazione sulle capacità degli alunni. Sarà di nuovo possibile ricorrere alla bocciatura ma solo in particolari situazioni.

Le nuove modalità d’esame verranno applicate a partire dall’anno scolastico 2018/2019.

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Formazione e assunzione dei docenti, come funzionerà per i nuovi vincitori di concorso

Secondo la riforma della scuola, entro il 2018 saranno assunti almeno 20 mila nuovi insegnanti: la graduatoria di merito e la prima fascia restano prioritarie per ottenere un contratto, tuttavia chi è in seconda fascia e ha già seguito percorsi universitari di abilitazione, potrà sostenere un “concorsino”: sarà sufficiente sostenere l’esame orale per avere accesso a una cattedra libera. Chi è in terza fascia, invece, e ha un’esperienza di almeno 3 anni nelle supplenze, al concorso potrà sostenere un solo scritto oltre il colloquio. Nel concorso “normale” gli scritti sono due accanto alla prova orale.

Dal 2018 per i nuovi vincitori di concorso che aspirano a una carriera da insegnante, si aprirà invece un nuovo percorso di ingresso nella scuola: prima un corso di formazione, poi un tirocinio triennale che aprirà le porte al ruolo. In questo periodo di inserimento è previsto un anno di specializzazione, un anno di supplenze corte e l’ultimo anno di supplenze lunghe.

La riforma della scuola cambia anche i percorsi professionali: diventano 11

I percorsi degli istituti professionali dureranno 5 anni: biennio più triennio.
Gli indirizzi, sempre a partire dall’anno scolastico 2018/2019, passano da 6 a 11:

  • agricoltura, sviluppo rurale, valorizzazione dei prodotti del territorio e gestione delle risorse forestali e montane;
  • pesca commerciale e produzioni ittiche;
  • industria e artigianato per il Made in Italy;
  • manutenzione e assistenza tecnica;
  • gestione delle acque e risanamento ambientale;
  • servizi commerciali;
  • enogastronomia e ospitalità alberghiera;
  • servizi culturali e dello spettacolo;
  • servizi per la sanità e l’assistenza sociale;
  • arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico;
  • arti ausiliarie delle professioni sanitarie: ottico.

"Ogni scuola potrà declinare questi indirizzi in base alle richieste e alle peculiarità del territorio, coerentemente con le priorità indicate dalle Regioni".

Asili nido e scuole materne: il sistema integrato 0-6

Con la riforma della scuola e la sua Appendice cambiano anche i percorsi per i bimbi fino ai 6 anni, che nelle intenzioni del legislatore dovrebbero uscire dalla dimensione assistenziale ed entrare a pieno titolo nella sfera educativa.
Più che di asilo e materna, si parlerà dal 2018 di “Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita fino a 6 anni”, un concetto nato e sviluppato per garantire “ai bambini e alle bambine pari opportunità di educazione, istruzione, cura, relazione e gioco, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche, etniche e culturali”.
Particolare attenzione verrà data ai piccoli con disabilità, nel rispetto delle linee guida della legge 107.
Per gli educatori la legge ha sancito un grande cambiamento: come titolo di accesso per il personale sarà necessaria la qualifica universitaria, anche negli asili nido, al fine di garantire una maggiore qualità del sistema.

Diritto allo studio, come lo vede la riforma della scuola

La Riforma “Buona Scuola bis” stabilisce una serie di agevolazioni per gli studenti che dimostrano di avere un basso reddito familiare. In particolare, oltre agli stanziamenti per le borse di studio, la legge ha previsto l’esonero dalle tasse scolastiche per chi frequenta il quarto e il quinto anno della scuola secondaria di secondo grado, sulla base di fasce ISEE.

Le scuole, inoltre, potranno attingere a fondi dedicati nel caso in cui:

  • sia necessario l’acquisto di strumenti didattici specifici per studenti  con disabilità;
  • sia necessario l’acquisto di strumenti didattici digitali o tradizionali al fine di garantire il diritto allo studio anche per allievi ricoverati in lungodegenze ospedaliere, in case di cura per riabilitazione oppure costretti all’istruzione domiciliare;
  • l’acquisto di libri di testo da destinare al comodato d’uso gratuito per gli studenti.

Inclusione degli studenti con disabilità

La riforma introduce una modifica alla formazione degli insegnanti di sostegno della scuola dell’infanzia e della scuola primaria che dovranno frequentare un corso di specializzazione. Nella scuola secondaria, invece, i crediti sulla cosiddetta didattica dell’inclusione saranno maturati in un percorso di formazione dedicato. Con l’aiuto dei docenti di sostegno, ogni istituto dovrà predisporre un Piano specifico per l’Inclusione.
Il piano scolastico trova attuazione attraverso il PEI (Piano Educativo Individualizzato) che è parte del progetto individuale di educazione sin dalla primaria.

Secondo la nuova legge anche l’assegnazione del personale Ata dovrà tenere conto della presenza di studenti con disabilità nelle classi.

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